• Viaggio di Nozze . . . Ma non troppo

    10 Dicembre 1972 ore 7.30

    Mi sento toccare una spalla apro gli occhi e vedo mia nonna con il caffè in mano che mi dice:  "Stellin (stellina)

    bevi il caffè e alzati che tra un po’ arrivano le parrucchiere".

    Bevo il caffè come ha detto, mi alzo e, in vestaglia arrivo in cucina dove trovo mio padre seduto a tavola che beve il caffè.

    Mi guarda e mi dice: "Che ci fai già in piedi? Non devi andare in chiesa alle 11 ?"  Notare: non devi!?!

    Lui si era già tirato fuori. E' arrivata la prima fitta allo stomaco.....ed il mio istinto mi avvertiva che avrei avuto altro con

    cui combattere... Risposi: "Tra poco arrivano la Carla e la Franca,  (parrucchiera ed estetista)". Mio padre le conosceva

    perché avevano il negozio nello stesso nostro palazzo.

     "E cosa vengono a fare non ci sei andata ieri? Ci mancano due per casa stamattina, guarda non mi far girare il B......o

    che in chiesa ci vai da sola".  Avevo già avuto la prima benedizione, per non dargliela vinta buttai indietro le lacrime e dissi:

    "Non vedi che ho dormito con i bigodini? Mi devono pettinare".

    Menomale che c’era mia nonna che riusciva sempre a fare da cuscinetto, arriva e lo distrae con la scusa di mio

    fratello che lo voleva o cose simili.

    Vado in bagno a lavarmi, nel frattempo arrivano Carla e Franca e vanno in camera mia e iniziano a pettinare mia nonna.

    Esco dal bagno e lo trovo lì davanti...e ricomincia: "Non sei ancora pronta e quanto ci vuole? Io son già stufo,

    se non ti sbrighi esco da solo…"   Io: "Ma papà dobbiamo entrare in chiesa alle 11.00 sono le 8.30 dove vuoi andare?"

    Per cambiare discorso gli dico: Hai guardato Bruno (mio fratello) se si è alzato, fallo lavare e controlla che si vesta ecc.

    E corro in camera mia... sembra ritornata la pace... ma è solo apparente...

    Franca mi trucca e Carla comincia a srotolarmi i bigodini: servivano i ricci che dovevano uscire da una cuffia.

    Un lavoraccio: in pratica mi ha pettinata con la cuffia in testa. Esco dalla camera vestita, pronta.

    Nel frattempo era arrivato il fotografo e dovevamo essere tutti pronti:  io, mio padre, mio fratello e mia nonna

    per fare  le foto in casa. Con il fotografo mio padre non ha fatto molte scene, era un uomo e si sentiva in soggezione

    a fare i capricci. Facciamo le foto con i regali, in camera mia, con loro e molte altre,

    intanto si avvicinava l’ora di uscire per andare in chiesa. Premetto che da casa mia alla chiesa c’erano 5 minuti a piedi...

    ma era inverno e si usava che sia lo sposo che la sposa arrivassero alla chiesa con la macchina.

    Poiché la mia casa era così vicina, io e mio marito avevamo deciso che lui sarebbe arrivato in chiesa 10 minuti prima

    e mi avrebbe mandato la macchina. Ma per far questo in sincronia avevamo bisogno di sentirci

    per telefono.... Alle 10.30  telefono per gli ultimi accordi; mio padre mi vede telefonare, altra tiritera:

    "Anche stamattina gli devi telefonare, ma che cosa avrete mai da dirvi? Tra mezzora vi vedete".

    Cerco di spiegarli della macchina, mamma mia apriti cielo… la macchina!?!

    "E io devo salire in macchina per fare 300 metri? ma sei mattaaa, io non ci salgo in macchina, se vuoi andare in

    macchina ci vai da sola".  Ha continuato così per altri 10 minuti, avevo lo stomaco contorto, i crampi e tanta, tanta

    voglia di piangere.  Ma se lui era tosto io lo ero più di lui e dargli la soddisfazione di piangere mai !

    Suona il telefono: era mio marito che mi avvisava che stava uscendo di casa e che da lì a poco avrei avuto la

     macchina sotto casa.  Dico a mio padre che William è già uscito da casa e dobbiamo scendere anche noi.

    Usciamo sul ballatoio, io sapevo che le scale erano addobbate, avevo incaricato un fioraio di farlo: scale e chiesa.

    Altra sinfonia sui fiori che sembrava il gran pavese e qualche altra brutta battuta. Non l’ha tirata poi tanto sui fiori,

    avevamo il fotografo che faceva foto mentre scendevamo, però non smetteva di dirmi sottovoce:  "Io vado a piedi,

    non ci salgo in macchina, non mi faccio ridere dietro da tutti".

    Arriviamo al portone, ultime foto e vedo la macchina ferma proprio lì davanti con l’autista in piedi e la portiera aperta.

    Indovinate che fa una volta davanti alla macchina? ( Lo avrei strozzato ) Si infila dentro si siede e gli strappa la portiera

    dalle mani. L’autista mi dice: "Signorina doveva salire lei da questa parte altrimenti siamo storti per la chiesa".

     Gli dico: "Lasci perdere perché se scende non sale più".

    Mi accompagna dall’altra parte. Allora l'autista per farmi scendere dalla parte giusta ha pensato di passare dietro la chiesa.

    Le persone che mi aspettavano davanti alla chiesa, pensavano di vedermi arrivare da una parte e invece

    siamo arrivati dall’altra…Mio padre scende e mette un piede dentro una pozzanghera ma non ha potuto fare i suoi soliti

    capricci...c’erano già tutti i parenti schierati che ci guardavano, ha solo bofonchiato qualche imprecazione...Facciamo le scale

    e finalmente entro in chiesa...al braccio di mio padre.

    Questa è la prima parte, da qui in poi è tregua con mio padre...ormai rassegnato e non più così vicino a me.

     Ma da qui in avanti iniziano le disavventure.

    10 Dicembre ore 12.30 - usciamo dalla chiesa finalmente sposati.

    Pioggia di riso da soffocarci; oltre a tutti i parenti c'erano tutti gli amici e tutti i colleghi di lavoro.

    Facciamo le fotografie di rito con i vari gruppi, e il fotografo ci informa

    che dobbiamo sbrigarci se vogliamo le foto al ristorante perché lui alle 15 ha un altro impegno e deve andare via

    prima delle 14.  Saliamo tutti nelle varie macchine,  corteo sino al ristorante che era abbastanza lontano dalla chiesa.

    Dopo circa 40 minuti arriviamo al ristorante dove ci stavano aspettando con l’aperitivo servito in veranda,

    ma il fotografo "frigge", ci porta in sala da pranzo, fa le classiche foto con il cesto dei confetti, chiede di tirare fuori

    la torta, ci fa fare il taglio “finto” il brindisi con tutti i parenti seduti ai tavoli tutti in ordine...Riguardandole ci si accorge

    subito che le foto del ristorante sembrano tutte finte. 

    Finalmente si comincia a mangiare.

    Loro hanno mangiato, a me non entrava neppure un sorso d’acqua.

     La timidezza e i tabù all’epoca erano tanti, avevamo  la nostra piccolissima casetta tutta arredata

    e senza dire nulla a nessuno avevamo deciso di passare la nostra prima notte nella nostra casetta

    e partire il giorno dopo, più tranquilli e rilassati con la luce del giorno e non di notte.

    E voi pensate che ci siamo riusciti?

    Il pranzo stava volgendo al termine, le persone cominciavano ad essere sazie ed irrequiete.

    Inizia il via vai delle persone: chi ci chiede questo chi ci consiglia quello…c’è un carosello vicino a noi. Mi si

    avvicina mia zia e mi chiede le chiavi di casa mia!!!!!  Spalanco gli occhi e le chiedo come mai vuole le chiavi e lei

    tutta serafica (e penso che avesse creduto di farmi un dono, un piacere, una bella cosa) mi dice:

    "Io e le tue cugine quando non ci siete andiamo a farvi il letto." Che potevo fare? Non di certo dirle le nostre intenzioni.

    Mi vergognavo,  ero sposata certo, ma nella mia testa era ancora una cosa che non si faceva...e le detti le chiavi.

    Quando lo dissi a mio marito a malincuore mi disse: "Ok si parte stasera, non possiamo fidarci di andare a casa

    e...se poi arrivano?"  La sera prima avevamo portato le valigie, il cambio abito per la partenza e la macchina tutto

    al ristorante.  Alle 17.00 pranzo finito, diciamo a tutti che andiamo a cambiarci e poi saremmo partiti.

    I nostri amici ci portano in macchina le valigie e noi arriviamo poco dopo pronti per partire. Arriviamo alla macchina:

    era completamente ricoperta di scritte, ci avevano attaccato di tutto e dentro era piena di carta igienica.

    Ci facciamo un po’ di spazio e fuggiamo via....Quando siamo stati abbastanza  lontani dal ristorante ci fermiamo e cominciamo

    a tirare fuori tutta la carta igienica che ci è servita per ripulire le scritte.  Ma erano stati terribili, avevano usato i colori ad olio non

    il classico rossetto. Abbiamo pulito ma il vetro davanti non riuscivamo a pulirlo bene, mio marito mi dice che se non togliamo

    le scritte non ci vede a guidare. Suggerisco di infilare un pezzo di carta igienica nel serbatoio:

    con la benzina forse riusciamo a pulire. Toglie il tappo, imbeve la carta e pulisce il vetro...era stata un’ottima idea.

    Vetro pulito e tutta la carta igienica nel bidone della spazzatura, finalmente si riparte.

    Entriamo in autostrada direzione Trentino. Avevamo prenotato l’albergo ma dall’11 sera !!! Non riesco ad essere tranquilla 

    ma non riesco a capire perché; comunque parliamo, fumiamo qualche sigaretta e ad un tratto  comincio a sentire un

    fortissimo odore di benzina. Lo dico a William che mi risponde di stare tranquilla, l’abbiamo usata per pulire ed e

    per quello che si sente. Ma sono testona e insisto: per farmi contenta si ferma e va a controllare se il tappo

    era chiuso bene. La nostra macchina di allora era una 850 cupè molto simile allo spyderino, con il serbatoio

    della benzina e soprattutto l’imboccatura situati proprio sopra al motore e come sicurezza c'era una vaschetta che doveva evitare,

    quando si faceva benzina che ne cadesse sul motore. William apre il cofano posteriore e...lo sento imprecare, scendo e vedo questa

    vaschetta piena di benzina e l’imboccatura del serbatoio senza tappo.  C'eravamo dimenticati di rimetterlo!!!

    Non so cosa ci abbia salvato dal far prendere fuoco alla macchina o saltare in aria. Menomale che quando si è fermato

    eravamo in un area di sosta e abbiamo chiesto aiuto al benzinaio  che ha bonificato tutto e si é raccomandato di non far

    più str….te del genere. Ed intanto erano già le 19.00.

    Mio marito mi dice: "Andiamo a mangiare qualcosa".  Ma io non ho fame e lui poverino si rassegna e dice: "Ok continuiamo, arriviamo a

    Piacenza cerchiamo un albergo e mangiamo lì qualcosa". Non facciamo neppure 10 km che cala una nebbia che non si vede più

     ad un palmo dal naso. Andatura ridottissima, il tempo passava, noi digiuni e con la nebbia così fitta

    non si vedevano i cartelli degli autogrill e non potevamo sperare neppure in quello. Non so come finalmente vediamo il

    cartello uscita per Piacenza, prendiamo l’uscita ed entriamo nella cittadina.

    Nebbia sempre più fitta, la situazione non era cambiata. Cominciammo a girare per le strade cercando insegne o qualche

    passante che ci indicasse un albergo: vedo una persona e lo faccio accostare, tiro giù il finestrino e chiedo:

    "Ci saprebbe indicare un albergo?"  Lui ci guarda per capire se lo stavamo prendendo per il culo...poi gentile ma guardingo

    ci dice: "Ci siete sotto, io sono il portiere, questo è il Grand Hotel di Piacenza, se volete prendere una stanza lasciate pure

    qui la macchina, andate alla reception e dopo che vi hanno assegnato la stanza lasciate le chiavi, pensiamo a tutto noi.

    Il bagaglio lo avrete in camera in pochissimi minuti."  E così fu. Entrammo in questo super lussuoso Hotel.

    Era la prima volta che mettevo piede in un albergo, con un uomo poi...la vergogna mi assali, sentivo su di me tutti gli occhi,

    che mi osservavano e giudicavano. Subito mi impietrii poi il gesto istintivo è stato tirare fuori dalla borsa il libretto di matrimonio...

    Aaah già, avevo il permesso, era tutto regolare...e piano piano i battiti del cuore sono diminuiti...

    A pochi passi dal banco della reception avevo già il braccio teso a porgere il libretto...come ero ingenua per non dire peggio!

    Salimmo con l’ascensore e un addetto ci accompagnò in camera, gli demmo la chiave e ci disse che a breve avremmo avuto le valigie...

    Camera bellissima grandissima tutta in beige e rosso con un letto che sembrava a 4 piazze. Abituata alla mia piccola cameretta

    con il letto ad una piazza, da quando era morta mia mamma non avevo più dormito in un letto grande.

    Ci togliemmo le giacche e le sistemai nell’armadio poi ci guardammo e ci venne in mente che non avevamo cenato.

    Guardai l’ora, erano le 22, pensai che era tardi. Nel frattempo arriva il fattorino con le valigie, gli chiedemmo se il bar o il ristorante

    erano aperti ma ci dice che era stagione morta e l’Hotel in quei mesi non aveva in funzione la cucina e il bar chiudeva alle 21...

    Ci siamo rassegnati e tranquillizzati; ormai al sicuro da quell’orribile nebbia che ti opprime il cuore e ti soffoca...

    Mi lavai e misi la camicia da notte lui lo fece dopo di me, e a breve ci ritrovammo su quel grande lettone impacciatissimi.

    Spegnemmo la luce eeeeeeeeeeeeeeeeee...

    Non ero abituata ad avere vicino qualcuno, figurarsi trovarsi con un braccio addosso pesante e caldo che non mi faceva muovere

    e mi stava abbracciando!!!  Mi  infastidiva e non mi faceva dormire. Poi cominciai a sentire caldo, molto caldo, lo spostai delicatamente

    e mi alzai: andai in bagno per rinfrescarmi, il caldo non accennava a diminuire, sembrava di essere all’inferno ... Accesi la luce

    dell’ingresso alla stanza;  avevo visto degli interruttori pensai di andare ad abbassare il termostato. Con tutto quel trambusto

    ero riuscita a svegliarlo ed anche lui capì che il  caldo era tremendo. Non so quanto armeggiammo con quel termostato ma

    nulla da fare,  ormai erano le 4 del mattino. Pensammo di farci un bagno e poi vestirci.

    Alle 7 ce ne saremmo andati via  da quell'inferno!  Ed io proposi: "E se aprissimo un po' la finestra? Fuori è freddo così

    riusciamo a raffreddare un poco la camera".  Aprimmo la finestra e fu un un sollievo ma dovemmo chiuderla immediatamente

    assieme al fresco  entrava anche la nebbia, in pochi secondi avevamo riempito la stanza di nebbia.....

    11 Dicembre mattina - stanchi, stressati, affamati,

    A ripensare a tutto quello che ci era capitato mi sentivo delusa... Il caldo non accennava a diminuire, vestiti e con le valigie

    pronte, anche se erano solamente le 7 di mattina, aprimmo la porta di quella camera infernale, ci dirigemmo

    verso gli ascensori e poi alla reception, pagammo e chiedemmo la macchina. La nostra macchina era davanti all’Hotel, si

    vedeva appena, appena...La nebbia era ancora molto fitta ma almeno la luce del mattino la rendeva chiara e meno opprimente.

    Salimmo in macchina, ci dirigemmo verso Brescia e sul lago di Garda. Con non poca fatica e molti giri sempre sullo stesso percorso,

    riuscimmo ad imboccare l’autostrada. Come per miracolo piano piano vedemmo scemare quella nebbia così opprimente e

    finalmente riuscimmo a distinguere la strada. Era talmente bello che non ci potevo credere.

    Un Autogrill finalmente! Forse saremmo riusciti a fare colazione.

    Era l’11 Dicembre, era un nuovo giorno,  e sarebbe stato il nostro primo giorno da sposini e volevamo essere felici; ce lo meritavamo.

    Arrivammo sul lago di Garda: ai miei occhi fu un’apparizione, uno spettacolo favoloso. William prese tutta la sua attrezzatura

    fotografica e cominciammo a scattare foto; si era premunito di un cavalletto per appoggiarcela sopra e farci gli autoscatti, senza

    saperlo ci facemmo i primi selfie.  Facemmo molte foto immortalando noi, il lago e soprattutto la nostra gioia.

    Quasi in cima al lago a Riva del Garda facemmo le ultime foto con lo sfondo del lago. Poi  William disse: "Ho

    messo un rullino da 36, la macchina segna 34 scatti  e non va più avanti...la apro e cambio il rullino".  L’aprì e si accorse che il rullino

    era  messo male; non si era incastrata bene la pellicola nei dentini che la dovevano far girare ad ogni scatto. Aveva continuato

    a girare a vuoto, facendo le foto sempre sullo stesso tratto di pellicola.  Tutta la mattina ad immortalarci e non avevamo neppure

    una foto con quel magnifico lago. Un po’ tristi per aver perso qualcosa di insostituibile  ci dirigemmo verso Rovereto. Dovevamo

    arrivare sull’altipiano di Asiago dove avevamo prenotato l’albergo. William disse: "Dobbiamo andare

    a Rovereto e poi verso Schio."  Arrivati a Rovereto, naturalmente sbagliammo e invece che prendere per Schio prendemmo per la parte

    opposta Folgaria, niente Googlemap e niente tomtom, avevamo la classica cartina da turisti fai da te... Nel frattempo era arrivata

    l’una e decidemmo di fermarci a mangiare. Data l’esperienza della sera prima, abbiamo pensato: adesso mangiamo e poi si vedrà.

    William provò e riprovò a rimettere il rullino, ma non si sa per quale strano motivo i dentini della macchina fotografica non

    agganciavano la pellicola. Finito di pranzare cercammo un fotografo e facemmo vedere sia la macchina che i rullini che avevamo.

    Ci disse: "La vostra macchina fotografica è una Kodak, una bella macchina ma ostica con le pellicole che non sono Kodak;

    bastano pochi millimetri di differenza nei fori della  pellicola e non l’aggancia..." Comprammo altri rullini, questa volta Kodak,

    lui stesso ne inserì uno e fece i primi scatti. Disse: "Sono scatti a vuoto, possiamo aprirla e vedere se ha agganciato".

    Aveva agganciato e forse, saremmo riusciti a fare qualche foto.

    Contenti di aver risolto il problema, risaliamo in macchina e,  guardando la cartina decidiamo di proseguire per Folgaria

    senza tornare indietro  e prendere per Schio. Facemmo molti km in strade di montagna strette e con molte curve.

    In inverno le giornate sono corte, alle 17 era già quasi buio, ci venne voglia di qualcosa di caldo o almeno un caffè.

    Eravamo quasi al passo quando William si accorse che la strada era sdrucciolevole e, preoccupato, disse che la strada era

    una lastra di ghiaccio e dovevamo fermarci per mettere le catene. Con cautela riusciamo ad arrivare al passo, ci fermammo e mettemmo

    la macchina in posizione da poterci lavorare, vicino ad un lampione. William però  non si accorse che la strada era in pendenza, tirò fuori il cric,

    le catene e mentre faceva questo,  la macchina cominciò a muoversi...stava scivolando sul ghiaccio...Increduli provammo a fermarla,

    nulla continuava a scivolare. Impotenti e stremati non sapevamo più cosa fare, William si tolse  il giaccone lo gettò a terra proprio

    davanti alle ruote...La macchina ci andò sopra e si fermò.  Il freddo era atroce William senza giaccone rimpiangeva il caldo

    infernale della notte precedente... Andammo nel Rifugio “Bar di montagna” ordinammo qualcosa di caldo. Ci proposero un punch,

    lo trovai buonissimo, super alcolici non ne avevo mai bevuti. Chiedemmo aiuto per montare le catene, si offrirono in molti.

    (Altri tempi molto più altruismo).  Montarono le catene e ci accingemmo a scendere per arrivare nella val d’Astico, poi risalire

    per Asiago, dove ci stavano aspettando in albergo per l’ora di cena.

    11 Dicembre, pomeriggio . . .

    Nel pomeriggio prima di rimetterci in viaggio aprii una valigia per prendere un altro giaccone a William, il suo era bagnato, sporco ed

     anche rotto. Si erano fatte ormai le 18, strada ne avevamo ancora da fare abbastanza, saremmo sicuramente arrivati tardi, con le

    catene montate e la strada gelata non potevamo certo andare veloci anzi, occorreva procedere con molta prudenza.

    Andammo giù per quella strada interminabile tutta curve; ad ogni curva anche se avevamo le catene e si andava 

    pianissimo, la macchina slittava. La tensione era sempre più alta; mi accesi una sigaretta e ne accesi una anche a lui.

    (All’epoca avevamo questo brutto vizio)  Per non avere il pensiero fisso sulla strada gelata cominciai a chiedergli

    dell’albergo. A suggerirci il posto e l’albergo era stato il cugino di William, Orlando, che ha  due fisse: le moto e lo sci.

    William mi disse: "Orlando ha detto che è comodo, vicino alle piste, si mangia bene, casalingo, alla buona".

    Quello "alla buona" mi fece drizzare subito le orecchie e chiesi: "Ma non è che invece di un albergo è una pensione?"

    Mi rispose: "Sì certo è un rifugio; in montagna ci sono quelli e poi così vicino alle piste non ci sono alberghi".

    Stavamo avendo le prime incomprensioni da sposati. Allora continuai: "Ma questo vuol dire che una volta arrivati sull’altipiano

    di Asiago non siamo arrivati…dobbiamo ancora salire per queste stradine piene di neve..."  Mi spiegò che non dovevamo

    arrivare ad Asiago la località era Mezzaselva a Roana. Vuoi per la discussione vuoi che intanto ci eravamo rilassati dalla tensione

    per la strada gelata, eravamo arrivati in fondo a quella discesa tutta curve e stavamo

    entrando nel paesino Lastebasse. Ci fermammo e con la nostra cartina controllammo quanta strada ancora avevamo da fare:

    dovevamo arrivare a Pedescala e poi avremmo dovuto risalire per un bel po’. Sulla cartina vidi quella righetta bianca

    che sembrava uno zig zag interminabile. Stanca, un po' delusa ed avvilita per tutta quella strada ancora da percorrere

    dissi: "Mi sa che salti il pasto anche stasera..."  Pensavo a lui, io non avevo per niente fame, 

    avrei tanto voluto una tazza di caffè latte con due biscotti preparata dalla mia nonna. E vai, vai, sali, sali, sali, arriviamo a

    Mezzaselva...Era buio ma quello che ho visto era solo una distesa bianca solo bianco e nient’altro che bianco.

    Avevamo il nome della via ma questa volta non potevamo sbagliare, in tutta quella distesa di bianco

     c'era una sola casa, non c’era alcun dubbio che fosse il rifugio e ci arrivammo davanti....Ma molto sbigottiti notammo che

    non c’era nessuna luce accesa,  solo l’insegna e i lampioni esterni. La porta per entrare era chiusa e un cartello

    diceva: "Chiusura Lunedì". Mi sarei messa a piangere e cominciai  ad inveire contro William e contro suo cugino

    Orlando quel...............(non lo scrivo, immaginate le cose peggiori che gli cucivo addosso)

    William si avvicinò alla porta e provò a suonare. Venne subito qualcuno a sentire cosa volevamo.

    Spiegammo chi eravamo, che avevamo prenotato e tutta la storia...

    Per prima cosa ci fece entrare, non eravamo più fuori al freddo ed era già molto, poi ci spiegò che avevano la nostra prenotazione

    e che sapevano che saremmo arrivati lunedì sera, ci stavano aspettando...mi stavo rincuorando, non saremmo morti di freddo

    in macchina. Ma sentivo una nota stonata, aveva la voce troppo melensa; ad ogni parola era come se prima di dirla volesse

    chiedere scusa, e da lì a poco capii cosa c'era. Stava spiegando  a William che la notte prima la temperatura era scesa molti gradi sotto lo zero

     - noi stavamo cuocendo in quella stanza infernale e lì stavano gelando – le tubature del riscaldamento erano  scoppiate, tutte le camere del rifugio

    non avevano riscaldamento. Spiegò che dove eravamo non si percepiva, c’era il camino la cucina e molte stufette.

    Ma le camere era impossibile scaldarle; ci avevano preparato l’unica camera che con una stufetta si sarebbe potuta scaldare,

    era la stanza proprio sopra la cucina ma non veniva usata come camera per gli ospiti del rifugio, era per il personale.

    In quell’occasione avevano fatto spostare il personale per darla a noi;  disse inoltre che non aveva i servizi igienici e in

    camera c’era solo un piccolo lavandino niente water...il bagno era fuori perché in comune con le altre stanze, in quella circostanza

    comunque sarebbe stato solo per noi...l’acqua calda non c’era, avrebbero messo delle brocche con l’acqua riscaldata.

    William prese le valige dalla macchina e un ragazzo le portò in camera. Ci fecero accomodare in sala da pranzo ad un bel tavolo

    apparecchiato, vicino al camino, era molto accogliente, romantico, c’eravamo solo noi. 

    Spiegò che non c’era nessuno perché il lunedì era giorno di chiusura, inoltre erano riusciti ad avvisare di quello che era successo.

    Avevano provato anche con noi ma Orlando aveva spiegato che non era più possibile avvisarci - nel 72 non c’erano i cellulari -

    Mi stavo godendo quel momento,  avrei anche mangiato.  I crampi allo stomaco si erano assopiti. Alla stanza misera, fredda,

    senza bagno, ci avrei pensato dopo.

    11 Dicembre sera, la camera da letto.

    Avevamo consumato la nostra prima cena ed era stato molto romantico, avevamo avuto un assaggio di come avrebbe dovuto

    essere un viaggio di nozze tra due persone molto innamorate; ero finalmente felice. Volevo pensare solo a quello che avevamo

    in quel momento, ma la cena era arrivata al termine e...ahi, ahi, ahi, dovevamo andare in quella stanza...Salimmo le scale e già la

    temperatura si era abbassata di molto; quando aprimmo la porta della stanza sembrava di aver aperto la ghiacciaia.

    Trovammo una stufetta a gas che William provò ad accendere, prima che ci riuscisse avevamo riempito la stanza di gas.

    Che fare? Non restava altro da fare che aprire la finestra! O morire asfissiati oppure congelati: queste erano le opzioni.

    Con la stufetta accesa a malincuore aprimmo la finestra per far uscire quel puzzo di gas. Non si resisteva, sul davanzale della finestra

    c’era un termometro segnava che segnava –6, cinque minuti bastarono per portare  la stanza a –6 e togliere il puzzo di gas.

    Ero ancora con il giaccone sembravo una statua di ghiaccio; William mi chiede il pigiama,

    mi incita a muovermi e a mettermi anche io il pigiama; il freddo non mi faceva ragionare, gli urlai: "Ma sei matto ?

    No non mi spoglio!" Con tutta la sua dolcezza mi si avvicinò e mi  abbracciò cominciando a strofinarmi la schiena, le braccia per

    riscaldarmi e indurmi a muovermi. Mi disse: "Mettiti il pigiama ci infiliamo sotto le coperte e vedrai che ci riscaldiamo..."

    Il letto era ben fornito di coperte, siamo nel 72 i piumoni non esistevano c’erano le coperte imbottite di lana

    - una specie di materasso sottile e pesantissimo - ne avevano messe ben due, più un altro paio normali, le alzai per entraci dentro,

    quasi quasi dal peso, non ci riuscivo, velocemente mi infilai li sotto e lui vicino a me, il peso delle coperte non ci faceva quasi muovere,

    avevo sempre più freddo, i piedi le mani e la testa erano sempre più freddi, con i denti che battevano mi alzai e andai a prendermi

    le cose che avevo messo in valigia per quando sarei andata sulla neve....calzettoni, guanti, berretto,  mi infilai tutto più la vestaglia e tornai

    sotto a quell’ammasso di coperte. Quando aprii gli occhi, dalla finestra filtrava la luce del giorno, la mente era

    un po’ frastornata,  mi chiedevo come mai non riuscivo a muovermi ed avevo questo senso di schiacciamento…cosa mi era

    caduto addosso? Pochi secondi e ricordai tutto; mi sentivo stanca, la schiena dolorante dal peso di tutte quelle coperte. Allungai un

    braccio e lo svegliai dicendo:  "Alzati facciamo le valigie e andiamo via da questa ghiacciaia." Mi alzai e cominciai a prendere le mie

    cose per andare a lavarmi, il bagno era stato riscaldato con la stufa ma non era caldo da potersi spogliare e lavare, sicuramente di più

    non si poteva avere. Trovai un paio di brocche con l’acqua riscaldata, mi lavai solo quelle parti che non si può non lavarle,

    preparai lo spazzolino con il dentifricio e aprii il rubinetto per riempire il bicchiere per sciacquarmi la bocca. Bicchiere sotto ma niente

    acqua…nel bicchiere cadde una goccia di ghiaccio. Vestiti scendemmo in sala per la colazione dove trovammo di tutto e di più,

    vennero a chiedere cosa volevamo di caldo e ci illustrarono il menù del giorno. Non dissi nulla, io volevo andarmene....

    William più in soggezione di me non disse che volevamo andarcene!!! Disse solo: "Va bene ci vediamo a pranzo". Finita la colazione

    tornammo in stanza, mettemmo le giacche a vento, avevamo deciso di andare a vedere le piste, visitare Asiago passando sul ponte

    di Roana. Non ero molto contenta di rimanere al rifugio,  ma abbastanza rassegnata, decisi di godermi quella giornata sperando

    andasse tutto bene. Passammo sul ponte di Roana bellissimo, anche Asiago mi piacque molto. Tornando verso il rifugio ci fermammo

    vicino alle piste dove gli impianti erano fermi e a sciare non c’era nessuno. Venivano messi in funzione solo nel fine settimana.

    Il pensiero fu: "Che cavolo, una che va nel verso giusto mai !" Mentre facevamo ritorno dissi: "Voglio andare via da questo posto gelido!"

    Al solo pensiero di dormire in quella stanza e sotto quella montagna di coperte, mi tornò in mente mio padre. Nella sua

    voglia di tenermi ancora a casa con lui, mi prospettava le brutture a cui potevo andare incontro sposandomi e rimanere senza

    la sua protezione. Sapevo benissimo quale era il suo scopo e le sue parole mi passavano velocemente sopra senza lasciare alcun segno,

    ma in quei due giorni era veramente successo di tutto: gli stavo quasi dando ragione....

    E mi venne da piangere. Singhiozzando, dissi a William: "Le piste sono chiuse, non puoi sciare, quel poco che abbiamo visto non

    era male ma c’è freddo e neve dappertutto. Non ne posso più…"  Lui mi disse: "Va bene, come rientriamo lo diciamo che andiamo via"

    ed aggiunse: "Fai uno sforzo e dormiamo qui ancora questa notte, partire nel pomeriggio non mi piace viene buio presto,

    essere per strada senza nessuna meta non mi sembra la cosa migliore da fare…"  Rientrammo, dicemmo subito che eravamo desolati,

     ma la situazione era insostenibile, la stanza non si era scaldata, non potevamo più restare.  Con nostra grande sorpresa ci dissero

    che ci capivano ed era giusta la nostra decisione... Nel pomeriggio andammo a fare un altro giro ad Asiago,

    dovevamo comperare il formaggio, i nostri si erano raccomandati, volevano assaggiare il vero formaggio di Asiago.

    13 Dicembre

    La notte per fortuna passò e ripensandoci non mi sembravano ore quelle passate sotto quella montagna di coperte ma giorni.

    Mi alzai che erano le 7, andai a lavami, lo stretto indispensabile, pensando che la sera avrei fatto una mega doccia.

    William quando mi vide piangere pensò che doveva portarmi via da quel deserto di neve, non solo cambiare albergo e mi propose

    Venezia. Preparai le valigie, ci vestimmo, alle 8 eravamo a far  colazione, alle 9 già messa in moto la macchina, e pensai:

    "Venezia sto arrivando non farmi brutti scherzi, ho già fatto il pieno."

    13 Dicembre, la via per Venezia.

    William aveva guardato la cartina per decidere la strada per arrivare a Venezia e aveva scelto di passare da Bassano del Grappa,

    dicendo che così avremmo fatto contento suo padre prendendo un paio di bottiglie di grappa, essendo lui un cultore di grappe.

    Contenta di andarmene da quella ghiacciaia,  dissi che ero d’accordo e sicuramente in città non avremmo trovato neve. Ripassammo

    sul ponte di Roana, entrammo in Asiago e prendemmo il bivio per Bassano,  il dislivello era notevole, ci aspettava una lunga discesa

    tutta a curve, sulla cartina c’era una bella riga bianca a zig zig, - in effetti se sali e scendi dalle montagne non ti puoi

    aspettare nulla di diverso - Riguardando la cartina e facendo due conti notammo che i chilometri non era tanti, William

    propose di allungare di 6/7 km  per passare da Marostica, voleva vedere il castello e la famosa piazza dove viene disputata la partita a

    scacchi con personaggi viventi. Ero contenta,  finalmente sembrava cominciasse ad andare tutto per il verso giusto, riuscivo a vedere

    questa bella cittadina dove non ero mai stata, non avrei più dovuto dormire  sotto una montagna di coperte e lavarmi battendo i denti...

    Arrivammo a Marostica verso le 10.30, posteggiammo poco lontano dalla famosa piazza, ci avventurammo per la cittadina facendo

    qualche foto, la giornata era stupenda anche il sole era abbastanza caldo, stavo veramente bene. Era quasi mezzogiorno, avevamo girato

    tutto il centro storico di Marostica e decidemmo di ripartire per Bassano. Tornammo alla macchina e ci rimettemmo in marcia ma appena

    fuori da Marostica, William si accorse che la macchina aveva qualcosa, ma non disse nulla. Poco dopo però, anch'io mi accorsi che qualcosa

     non andava. Chiesi  e,  abbastanza preoccupato, William mi disse che la macchina aveva qualcosa ai freni, ma gli sembrava sembra strano perché

     l’aveva fatta controllare tutta da Orlando che era, (grrrr… sempre lui che ci perseguitava) a detta di William, un bravissimo meccanico.

    Infatti lo faceva di lavoro ed aveva cambiato anche le pastiglie dei freni,  impossibile si fossero consumate così presto. Arrivati a

    Bassano avremmo cercato subito un meccanico per capire cosa poteva essere. Ero ripiombata nel limbo,  i bei momenti appena passati

    erano già svaniti, erano stati sostituiti dalla preoccupazione… saremmo riusciti ad arrivare sani e salvi a Bassano?

    Saremmo riusciti a trovare un meccanico? Erano veramente i freni o qualcosa di più grave? Lontani da tutti la macchina

    era il solo nostro punto saldo e ci stava abbandonando! Come avremmo fatto a tornare a casa? M stavo facendo prendere dal panico.

    Arrivammo a Bassano, William disse: "Adesso posteggiamo, sono le 12.30 e le officine sono chiuse. Cerchiamo un ristorante

    mangiamo e chiediamo se sanno indicarci un meccanico".  Così facemmo anche se il mio stomaco era chiuso.

    Chiedemmo al cameriere che venne a prendere le ordinazioni se sapeva indicarci un meccanico perché la nostra macchina

    forse aveva un problema ai freni.  Gentilmente ci disse che non molto lontano dal ristorante c’era l’officina di un bravo meccanico

    che apriva alle 14 e ci spiegò bene dove era. Mangiammo e poco prima delle 14 eravamo davanti all’officina. Quando arrivò il meccanico,

    William gli spiegò la situazione, ci fece portare la macchina dentro all’officina e la controllò subito. Il responso fu che le pastiglie dei

    freni si erano consumate, il rumore che si sentiva quando toccava il pedale del freno  era perchè

     le ganasce sfregavano sul tamburo: per me tutta questa spiegazione fu come se parlasse in latino, comunque mi si stamparono

    nitide in testa.  Mentre maledicevo Orlando, William  disse che la settimana prima le aveva fatte sostituire. Come era possibile un

    deterioramento così veloce?  Il meccanico affermò che può succedere: a volte le pastiglie hanno dei difetti e si sgretolano oppure

    avevano sbagliato e messo pastiglie morbide che per la città vanno bene, ma non su strade di montagna.

    Ero sempre più convinta che era tutta colpa di Orlando. Continuò con il dire che aveva molto lavoro ma,

    forse mosso a compassione per due sposini imbranati, avrebbe fatto il lavoro; di lasciare la macchina e tornare per le 17.

    Molto più sollevati andammo  a visitare Bassano, attraversando il ponte degli Alpini sul Piave, dove in fondo trovammo la distilleria

    Nardini, appunto per la grappa che mio suocero ci aveva chiesto.  Per le 17 tornammo dal meccanico e con nostro enorme sollievo

    la macchina era pronta. Presa la macchina, dopo averla provata e constatato che era tutto a posto, era da decidere cosa fare!!!

    Avventurarci e proseguire per Venezia, anche se ormai era già buio, oppure cercare un albergo a Bassano per la notte e cenare,

    per poi ripartire il giorno dopo?  Optammo per la seconda idea e cercammo un albergo. Un bell'albergo, nulla di sfarzoso ma mi fece

    una buona impressione, ci diedero la camera, ci portarono su i bagagli. Appena in stanza controllai come era la temperatura

    eeeee, da non credere,  era perfetta!!! Come avevo pensato partendo da Mezzaselva...mi sarei fatta una mega doccia,

     e meraviglia delle meraviglie era tutto perfetto, troppo perfetto,  mi attraversò un brivido lungo la schiena ma fu solo un attimo.

     Ci rivestimmo e uscimmo per andare a cena. Trovammo un ristorante, fu una bella e buona cena, dopo aver cenato ci gustammo

    la passeggiata dal ristorante all’albergo, arrivati salimmo in stanza e andammo a letto. La mattina mi svegliai bene riposata e tranquilla,

    Rifeci i bagagli per l’ennesima volta, forse questo era il giorno buono per arrivare a Venezia.

    14 Dicembre, Venezia

    Scendemmo con i bagagli, facemmo colazione e partimmo per Venezia, Il tempo era magnifico , facemmo un ottimo

    percorso, in un'ora e mezza eravamo a Venezia. Trovammo i cartelli che ci indicavano dove andare a

    posteggiare,  ed essendo pieno inverno ed anche molto vicino alle feste Natalizie, i posteggi erano tutti vuoti, 

    trovammo posto proprio nel silos in piazzale Roma. Posteggiammo, prendemmo le valigie, uscimmo dal silos.

    Attraversammo il primo ponte ed al di là trovammo un albergo. Entrammo e chiedemmo una stanza.

    Ci diedero la stanza, maaa ci fu una puntualizzazione: l'albergo funzionava solo per dormire, essendo fuori stagione

    la cucina era chiusa, e il personale ridotto. Dissero che subito accanto all’albergo c’era un ristorante e che potevamo

    andare lì a mangiare. Prendemmo la stanza, lasciammo i bagagli, decidemmo di andare a vedere

    Venezia ed i canali attorno all’albergo, poi nel pomeriggio avremmo preso il vaporetto per andare in Piazza San Marco.

    Per le 12.30 tornammo per andare a mangiare al ristorante vicino all'albergo e tutto sommato mangiammo bene,

    cose semplici ma ben fatte. Come avevamo programmato prendemmo il vaporetto che ci portò in Piazza

    San Marco. Mi piacque tutto, per me che non ero mai stata fuori Genova era tutto da scoprire e ammirare.

    Camminammo tutto il pomeriggio facendo foto a tutto, visitando Calle attraversando

    non  so quanti canali, ponti, passando anche sotto il ponte dei Sospiri. Si era fatto buio, dalla bellissima giornata che era stata,

    la temperatura si stava abbassando, mi sembrava che scendesse anche un po’ di nebbia, senza pensare eravamo andati

    senza i giacconi, William con il vestito: camicia, gilet, pantaloni e giacca ed io con il tailleur pantalone.

      Ci mettemmo su una pensilina per aspettare il vaporetto che ci riportasse in piazzale Roma dove c’era l’albergo, pensai da ingenua

    imbranata quale ero: A Genova ci  sono gli autobus a Venezia i vaporetti. Ero stupita e meravigliata. William lesse il cartello della

    pensilina dove si diceva che i vaporetti che facevano fermata lì  arrivavano sino a piazzale Roma, salimmo sul primo che arrivò,

    non sapendo che era un vaporetto di linea ma anche con i posti assegnati. Noi avevamo i biglietti senza assegnazione posto,

    - non lo sapevamo – questo ha significato che ad ogni fermata che il vaporetto faceva noi venivamo spinti in avanti sino ad

    uscire sulla prua, all’aperto e la temperatura si era abbassata di molto. Noi fuori con il vento che faceva il vaporetto navigando e

    senza giacconi avevamo più freddo che in stanza a  Mezzaselva. Quasi congelati arrivammo in piazzale Roma, scendemmo non

    certo di corsa, infatti  facevamo fatica a muoverci, mancava davvero poco all’assideramento.

    Salimmo in stanza, riempii la vasca di acqua calda e ci infilammo entrambi nella vasca. L’acqua calda era fantastica nessuno

    dei due aveva voglia di uscire da quel bel tepore. Erano ormai le 20.30 dovevamo andare a mangiare qualcosa.

    Ci vestimmo e quando uscimmo dall’albergo erano ormai le 21 e con nostra grande delusione scoprimmo che il ristorante era chiuso.

    La mattina girando le Calle dietro all’albergo avevamo visto altri ristoranti e bar, persino un cinema, pensammo che anche se era

    abbastanza tardi qualcosa di aperto lo avremmo trovato. Nulla di aperto, tutto chiuso...abbiamo girato e rigirato, nulla!

    L’unica cosa aperta, era il cinema d’essai. Rassegnati abbiamo deciso di andare a vedere il film,  davano “Angeli con la pistola”

    Ci comprammo una decina di stecche di caramelle Charms e liquirizie gommose,

    ai tempi solo quello avevano nei cinema.  Ci accontentammo di mangiare quelle. Il film anche se vecchio di una decina d’anni non lo

    avevamo visto e ci piacque:  era una commedia romantica abbastanza favolosa, trovai che aveva qualche affinità con noi.

    15 Dicembre, secondo giorno a Venezia

    Anche se avevamo saltato la cena, avevo fatto una bella dormita mi ero svegliata bene ed ero allegra, pensai che saltare la cena

    era ben minima cosa dopo  tutto quello che ci era successo, era stata colpa nostra se avevamo fatto tardi, stasera ci saremmo

    preparati prima e tutto sarebbe stato perfetto. Scendemmo a fare  colazione, il nostro programma per la giornata era il seguente:

    la mattina andare sul Canal Grande in gondola e nel pomeriggio visitare Murano. Ci eravamo  equipaggiati con giacconi, guanti, cappelli

    e sciarpe. Il giro in gondola fu molto romantico, lo facemmo abbracciati. Questo che ancora è un ricordo indelebile aveva

    ristabilito l’equilibrio. Ritornammo in albergo per le 11 e scendemmo poco dopo per andare a pranzo, seduti al tavolo quando venne

    il cameriere con il menu gli chiedemmo a che ora chiudevano la sera,  non volevamo fare tardi come la sera prima che alle 21 era già chiuso.

    Ci rispose che essendo fuori stagione la sera quelle Calli erano deserte e tutti i negozi, compreso ristoranti e bar chiudevano.

    Chiedemmo dove avremmo potuto andare per cena, in quale posto avremmo potuto trovare qualche ristorante aperto ... Ci  rispose che era

    molto difficile trovare qualcosa di aperto vicino all’albergo, dovevamo andare in centro verso piazza San Marco, ci voleva il vaporetto

    maaaaaa era un problema, la sera non facevano servizio... Mangiammo il nostro pranzo e ormai veramente stanchi e per tutte le avversità

    avute decidemmo di fare ritorno a casa l'indomani mattina. Nel pomeriggio andammo a visitare Murano come stabilito.

    In un bar ci comprammo un paio di panini che avremmo consumato per cena in camera. La visita a Murano meritava, vedere tutti quei

    capolavori in vetro e vederlo lavorare è stata una bellissima esperienza. La sera tornati in albergo dicemmo subito all’albergatore

    che saremmo partiti la mattina seguente.  Fare il bagno assieme la sera prima ci era piaciuto molto e con nostro immenso

    piacere lo rifacemmo. Poi tirammo fuori dalla borsa i panini e consumammo la nostra lauta cena.

    16 Dicembre, ritorno a Genova

    Svegli e pronti per fare rientro a casa, ero contenta !!! Finalmente ritornavo a casa. Da sempre sono stata

    una programmatrice e da sempre i miei programmi hanno avuto degli arresti, dei mai conclusi, dei mai andati a buon fine.

    Come mio programma per l’assenza di entrambi dal lavoro tra licenza matrimoniale, ferie e qualche

    permesso avremmo dovuto rientrare al lavoro l'8 gennaio 1973, tanto sarebbe dovuto

    durare il viaggio di nozze. Invece dopo nemmeno 6 giorni facevamo ritorno.

    Avrei dovuto imparare dopo tutte le facciate che ho preso, ma ancora adesso continuo a programmare e continuo a non riuscire

     a portare a termine i programmi. L’esperienza "viaggio di nozze" era comunque da chiudere in un cassetto e mai più aprirlo.

    Caricammo i bagagli in macchina, gli sci li rimettemmo sul tetto nel porta sci... eeeeh già, avevamo gli sci !!!

    L'idea era che William sciasse ed io con il maestro avrei dovuto imparare.

    Partenza per Genova.

    Con la cartina aperta abbiamo fatto una stima della percorrenza: 430 km. Saremmo dovuti arrivare nel primo

    pomeriggio,  avevamo stimato come tempo 6/7 ore comode compresa anche la sosta per il pranzo. La giornata era stupenda con cielo

    limpido e sole, ed io dissi:  "Menomale che la giornata è bella  non dovremmo avere nessun intoppo, arriviamo a casa ancora con la

    luce del giorno". William fece una specie di grugnito e non rispose alla mia  affermazione…intanto avevamo imboccato

    l’autostrada, e percorso circa una decina di km...non potevo crederci più avanzavamo più la giornata sembrava ingrigirsi

    e in poco tempo eravamo avvolti dalla nebbia, feci un salto sul sedile e gridai: "Non è possibile siamo di nuovo nella nebbia!!!"

    William si fece uscire la voce e rispose: "Da quando siamo partiti, vista la bella giornata ho immaginato che appena fuori Venezia

    ed entrati nella pianura padana avremmo trovato nebbia, non ti avevo detto nulla, sperando di sbagliarmi".

    La visibilità era quasi nulla procedevamo a passo d’uomo, sempre dietro ai fanali di qualche camion che ci facevano  da guida,

    con così poca visibilità non riuscivamo a leggere nessun cartello, né per sapere se eravamo sempre nella giusta direzione o per

    scorgere un area di sosta per mangiare ed altro. Erano ormai quasi 5 ore che William stava guidando, con quella tensione per la scarsa

    visibilità gli occhi gli facevano male per lo sforzo. Volevo dargli il cambio a guidare ma avevamo paura a fermarci!!!

    Fermi al bordo della strada se passava qualche camion e non ci vedeva, poteva prenderci in pieno  e così si fece forza e continuò.

    Eravamo anche senza mangiare e soprattutto avevamo bisogno entrambi di andare in bagno. Arrivata al culmine della sopportazione

    gli dissi: "Devo fare la pipi se non riesci a fermarti la faccio in macchina !" Mi rispose che anche lui era al limite e che appena riusciva a

    scorgere un qualcosa di abbastanza  largo da potersi fermare lo avrebbe fatto. Dopo poco mi disse: "Guarda qui, mi sembra ci sia la corsia

    di emergenza che è più profonda, provo a fermarmi e accosto bene per essere fuori dalla carreggiata di marcia". Si fermò e scesi al volo.

    Mi accovacciai a lato della macchina, non c’era nessun pericolo di essere vista, a momenti non riuscivo a vedermi i piedi,

    feci la pipì più lunga della storia. Quando ebbi finito e mi spostai per tirarmi su i pantaloni, se non ci fosse stato William a prendermi per

    un braccio sarei caduta... non ci eravamo accorti che ci eravamo fermati a mezzo metro da una scarpata. La nebbia non ci permetteva

    di distinguere bene,  devo ringraziare il sesto senso di William. Un altro spettacolo incredibile fu guardare la macchina:

    l’umidità e la temperatura bassa avevano formato uno strato di ghiaccio su tutta la superficie, gli sci e l’antenna dell’autoradio ne

    avevano uno spessore di 10 cm. Mai più vista una cosa simile in tutta la vita.

    Risalimmo in macchina e riprendemmo il viaggio, erano ormai quasi 12 ore che stavamo guidando, stanchi, stressati, assetati e affamati.

    Quasi senza accorgermene cominciai a scorgere delle luci più nitide, poi riuscii a leggere un cartello ed esclamai :

    Serravalleeeeeeeeeeeeee William!!! Siamo quasi a casa, l’incubo è finito!

    Nel giro di pochi minuti niente più nebbia. Il cuore smise di farmi male, gli dissi di uscire a Busalla per andare a mangiare la pizza

     in quella pizzeria che le fa buonissima....

    Erano circa le 23 del 16 Dicembre 1972 e stavamo infilando la chiave nella toppa di casa, la nostra casa piccola ma nostra.

    Con i termosifoni accesi il calore era perfetto, il nostro bel lettone, fatto da zia con lenzuola immacolate e una sola coperta!

    Posammo le valigie in ingresso, chiudemmo la porta e senza neppure andarci a lavare ci fiondammo a letto.

    Avevamo solo bisogno di stenderci e di abbracciarci....


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  • Ciao

    Abituarsi a una nuova vita

    Mi dicevi sempre di non preoccuparmi e io in fondo ti ho creduta, sapevo e speravo che era così e che non sarebbe mai potuto succedere niente.
    Poi all'improvviso quella sera, la chiamata, quella voce disperata, che urlava , l'ambulanza, i mille battiti del cuore che non ne voleva sapere di fermarsi, l'ospedale, i medici, la pioggia, le nuvole grigie, la fine.
    Non c'eri più. Eri andata via per sempre.
    Un breve saluto, gli occhioni sempre aperti e sorridenti, il sorriso stampato sulle labbra e quell'aria da chi non chiedeva molto alla vita ma che sapeva trasformare quel poco che aveva in felicità infinita.
    Ho perso molto tempo a chiedermi cosa avessi fatto di male io, cosa avessi fatto di male tu, cosa avessimo fatto di male tutti noi, e non ho mai trovato una risposta, forse perché la risposta giusta non c'è. Succede.
    Succede che quel giorno eri lì a sorridermi e che il giorno dopo avevi deciso di salutarci tutti senza avvisarci.
    Succede, è successo, succederà a tutti, ma nessuno è mai pronto, tutti ci troviamo impreparati di fronte alla morte, sì perché questo è il suo nome, e tutti cerchiamo di affrontarla come meglio possiamo, con le armi che abbiamo, forse inutilmente ma è l'unica cosa che ci resta.
    Non accetterò mai l'idea che tu non ci sia più, non mi arrenderò mai dinanzi a quello che è successo.
    Posso solo abituarmici con te nel cuore, con il tuo sorriso stampato sulla mia pelle e i tuoi occhi grandi a mostrarmi la strada.
    Ciao, figlia mia, ogni tanto mi sembra di vederti e quelle volte voglio scriverti, come se fossi partita per un lungo viaggio e prima o poi tornerai.


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  • Donne

    Questa pagina è dedicata al lavoro di Barbara ,lavori fatti per creare un video per la festa delle donne
    questo video è stato fatto in collaborazione con Vilma "io sua mamma" con Mikela "nostra carissima amica"
    e Luca "altro favoloso amico"

      

    Donne

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  • Dior

     


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